GRUPPO N. 2

Coordinatore   Raffaello Rossi
Consulente       Moira
I signori R. chiedono un incontro al Centro di consulenza, specificando che il motivo è una grave tensione venutasi a creare col figlio di 24 anni.
Al primo incontro, presenti tutti e tre, raccontano la loro storia familiare: il padre, 50 anni, ha una ditta che produce insaccati nella regione, la madre, 45 anni,  di origine africana,  è impiegata delle poste e il figlio è attivo in politica e negli scout (laureato in economia e commercio) e lavora col padre.
Il focus riportato dai genitori è lo choc vissuto alla notizia comunicata dal figlio di essere omosessuale.
La signora presenta la famiglia come ideale, calda, ricca di amore e di rispetto reciproco, fortemente connotata religiosamente, e piangendo afferma che al figlio deve essere successo qualcosa, o che si sbaglia, ma  che le pare impossibile che suo figlio, bello, intelligente, cercato da sempre dalle ragazze, possa orientarsi verso i maschi.
Il padre dice che la notizia gli ha fatto crollare il mondo addosso, che proprio non se lo aspettavano ed è stata una doccia ghiacciata… si chiede se abbia sbagliato qualcosa o se abbi troppo lasciato fare il figlio…
Il figlio con un sorriso sforzato dice di capire la reazione dei genitori, che se la aspettava, ma non così gigantesca, e che il fatto di essere cattolico per lui non c’entra nulla;  quello che lo ha più offeso è stato il tentativo della madre di farlo parlare con sacerdoti o di proporgli la terapia riparatoria. Prima di accettare di venire a questo incontro ha visitato il sito del Centro e letto uno dei libri del prof. Rossi, accettando infine l’idea di un percorso in quanto non erano sembrati dei professionisti talebani…
Si decide di fare due incontri con i genitori ed in parallelo due incontri col ragazzo.
 All’incontro successivo con i genitori, si continua la consulenza, “per cercare di superare il nostro dolore”.
Il padre inizia subito a parlare. Al contrario del precedente incontro, accenna qualche sorriso e manifesta subito il desiderio di raccontare qualcosa.
Ci dice che il figlio quando era piccolo ha sempre fatto giochi da maschio; non ha mai giocato con le bambole; non si è mai travestito. Giocava con i castelli, con i cavalieri, con le macchinine. Ci tiene a sottolineare che il lavoro di dipendente delle poste di sua moglie le ha sempre permesso di stare vicina al figlio; ma che lui come imprenditore c’è sempre stato poco.
“È sempre stato un ragazzo sereno, fino a quando è entrato in politica, e fino a quando ha conosciuto “lui””. Noto che oggi nomina più facilmente suo figlio ed usa un nomignolo. Quando parla del passato tende a sorridere; se invece parla di lui per come lo vive oggi, si irrigidisce stringe le mani una nell’altra e sgrana gli occhi. Racconta che se prima  era un tipo disordinato, oggi lo è ancora di più. Lascia tutto in giro e non vuole che la madre riordini le sue cose perché lei va a scuriosare.
Il padre dice “lo sapevo che la politica l’avrebbe rovinato”.  conferma che la politica dà modo ed occasione al Figlio  di essere “in pubblico”; “al centro dell’attenzione come piace a lui. Racconta che anche lui “da giovane” è stato in politica al suo paese, ma che non era la stessa cosa e che comunque nel momento in cui ha avuto la possibilità di fare in politica un po’ di strada, si è ritirato.
I genitori, concordemente, raccontano che il figlio si riduce all’ultimo momento a fare tutto e fa fatica ad arrivare a completare le cose che segue. Raccontano che a lui piace essere al centro dell’attenzione; che i momenti che gli piacciono di più sono quelli in cui come consigliere comunale veste la stola tricolore.
La madre Insistentemente dice che non è vero che va a “scuriosare”; che “quello che doveva vedere lo ha già visto”.   Il consulente riformula  chiedendo alla madre cosa intenda quando dice “ho già visto tutto quello che dovevo vedere” e lei ci racconta che un giorno il figlio le ha prestato il suo p.c. portatile perché la attendeva un viaggio lungo in treno e senza volere le si è aperto un video porno con immagini crude, violente; “non un video normale”, non un porno normale, che dice, le avrebbe dato comunque fastidio, ma non così. Inizia a piangere e la sua sofferenza diventa talmente evidente e forte, mescolata a vergogna, ma non chiusa in se stessa, desiderosa, bisognosa di aiuto.
Racconta che ad un certo punto, di fronte a F che le ribadiva per l’ennesima volta di non toccare le sue cose, è riuscita a parlare con lui del video.
La consulenza non è terminata.